La Corte costituzionale boccia i rinnovi automatici concessioni balneari in Calabria: un monito anche per il legislatore nazionale.

La Corte costituzionale boccia i rinnovi automatici concessioni balneari in Calabria: un monito anche per il legislatore nazionale

La Corte costituzionale, con sentenza n. 10 del 29 gennaio 2021, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge n. 46/2019 della Regione Calabria che aveva introdotto, di fatto, un meccanismo di proroga o rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime in essere in capo ai titolari.

Invero, l’impugnato art. 1 ha modificato l’art. 14, comma 2, della legge della Regione Calabria 21 dicembre 2005, n. 17 che nel testo anteriore alla modifica prevedeva: «Nelle more dell’approvazione del PCS [Piano comunale di spiaggia], in deroga a quanto disposto dal comma 1, possono essere rilasciate: a) concessioni demaniali marittime stagionali […]».

Esso da un lato (comma 1, lettera a) inserisce, dopo le parole «possono essere rilasciate», le parole «o comunque rinnovate»; e dall’altro (comma 1, lettera b) sostituisce le parole «concessioni demaniali marittime stagionali» con le parole «concessioni demaniali pluriennali di natura stagionale».

Nella pronuncia in esame, la Corte costituzionale, accogliendo le argomentazioni proposte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ha ribadito innanzitutto l’esclusiva competenza statale in materia. Inoltre, la Corte ha sottolineato l’illegittimità dei rinnovi automatici delle concessioni balneari poiché confliggono con i principi europei di parità di trattamento, non discriminazione, pubblicità e libertà di stabilimento indicati dagli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Difatti, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, la disciplina delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attinenti tanto alle competenze legislative statali quanto a quelle regionali (sentenze n. 157 e n. 40 del 2017). Tuttavia, i criteri e le modalità di affidamento di tali concessioni debbono essere stabiliti nell’osservanza dei principi della libera concorrenza recati dalla normativa statale e dell’Unione europea, con conseguente loro attrazione nella competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che rappresenta sotto questo profilo

un limite insuperabile alle pur concorrenti competenze regionali (ex multis, sentenze n. 161 del 2020, n. 86 del 2019, n. 221, n. 118 e n. 109 del 2018).

In particolare, sono state ritenute invasive di tale competenza esclusiva discipline regionali che prevedevano meccanismi di proroga o rinnovo automatico delle concessioni una durata eccessiva del rapporto concessorio, l’attribuzione di una preferenza al concessionario uscente in sede di rinnovo.

Come già accennato, le modifiche introdotte dalla legge n. 46 del 2019, in questa sede impugnate, da un lato, affiancano all’ipotesi del rilascio di tutte le concessioni previste dal comma 2 quella del rinnovo delle concessioni stesse, e dall’altro consentono che le concessioni di cui alla lettera a) possano avere durata pluriennale, anziché stagionale come in precedenza previsto.

Tuttavia, mentre l’art. 18, comma 3-bis, della legge regionale n. 17 del 2005 stabilisce espressamente che il rilascio delle «nuove concessioni demaniali marittime» debba avvenire «nel rispetto dei principi di evidenza pubblica, parità di trattamento, non discriminazione, pubblicità, libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi» stabiliti dalla pertinente normativa comunitaria e statale, la stessa legge regionale nulla prevede quanto all’ipotesi del mero rinnovo delle concessioni esistenti.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte afferma che la nuova ipotesi del rinnovo delle concessioni già esistenti finisce così per essere sottratta alle procedure a evidenza pubblica conformi ai principi, comunitari e statali, di tutela della concorrenza stabiliti per le ipotesi di rilascio di nuove concessioni, e per consentire de facto la mera prosecuzione dei rapporti concessori già in essere, con un effetto di proroga sostanzialmente automatica – o comunque sottratta alla disciplina concorrenziale – in favore dei precedenti titolari. Un effetto, come poc’anzi rammentato, già più volte ritenuto costituzionalmente illegittimo da questa Corte.

La previsione, poi, della possibile durata pluriennale delle concessioni di cui alla lettera a) dell’art. 14, comma 2, della legge regionale n. 17 del 2005 comporta la possibilità del rilascio (o del rinnovo) di tali concessioni per periodi del tutto indeterminati in favore di un unico titolare, che risulterebbe così ingiustificatamente privilegiato rispetto a ogni altro possibile interessato, in violazione – anche in questo caso – dei principi di tutela della concorrenza.

In conclusione, se da un lato è vero che le censure mosse dalla Corte Costituzionale riguardano esclusivamente la Legge regionale della Calabria e non la discussa Legge 145/2018; dall’altro lato appare opportuno sottolineare come le osservazioni di carattere generale possano rappresentare un monito anche per il legislatore nazionale.

Difatti, anche la L. 145/2018 prevede il prolungamento della durata delle concessioni esistenti al 30 dicembre 2018 per quindici anni dalla data di entrata in vigore della legge ed è già oggetto di una nuova procedura di infrazione da parte della Commissione Europea.

Pertanto, si auspica che la pronuncia in commento induca il legislatore nazionale ad effettuare una riforma organica del settore che contemperi tutti gli interessi in gioco.

dott. Nicola Caruso