Avvocati. Rimborso delle spese legali per l’imputato assolto: è davvero un passo in avanti?

Con l’approvazione della legge di bilancio è introdotto nell’ordinamento l’articolo 177bis del codice penale, che prevede un contributo dello Stato alle spese legali in favore dei cittadini già imputati in un procedimento penale ed assolti in via definitiva.

La ratio della nuova disposizione, come sottolinea anche il proponente deputato Enrico Costa, è di mettere nelle mani dei cittadini assolti uno strumento che possa parzialmente limitare i danni, quantomeno sul piano economico.

Per questo motivo, sarà istituito un fondo con una dotazione annua di 8 milioni di euro a decorrere dal 2021.

Data l’insufficiente dotazione, inidonea a coprire le spese legali di tutti, il Ministero della Giustizia adotterà entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge un decreto che fisserà i criteri per l’erogazione, rispettando comunque due parametri importanti richiamati dalla norma: il numero dei gradi di giudizio cui l’imputato è stato sottoposto e la durata complessiva del processo penale.

I rimborsi saranno previsti solo per le sentenze di assoluzione che diventano irrevocabili dopo l’entrata in vigore della legge di bilancio.

Per accedere al rimborso delle spese legali, è necessario che il processo celebrato si sia concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione dell’imputato con una seguenti formule:

  1. perchè il fatto non sussiste;

  2. per non aver commesso il fatto;

  3. perchè il fatto non costituisce reato;

  4. perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Per espressa previsione normativa, invece, non si ha diritto al rimborso nei seguenti casi di proscioglimento:

  1. assoluzione da un capo di imputazione e la condanna per altri;

  2. estinzione del reato per prescrizione o amnistia. È appena il caso di far notare come non vi sia alcun riferimento alle altre ipotesi che estinguono il reato (un esempio per tutti, la remissione di querela). Dunque, non appare chiaro se tali ipotesi rimangano fuori dal perimetro applicativo della norma;

  3. sopravvenuta depenalizzazione dei fatti oggetto dell’imputazione.

Dunque, a ben vedere, siamo di fronte ad una disciplina che si atteggia diversamente a seconda della formula di proscioglimento applicata al caso concreto.

Com’è noto, le formule sono delle sintetiche espressioni proscioglitive che anticipano l’enunciazione dei motivi. Esse non dovrebbero mai dar vita ad effetti giuridici: anzi, quando questo accade si generano spesso disparità di trattamento difficilmente giustificabili.

Invero, se da un lato non suscita particolari problemi la scelta di escludere dall’ambito di applicazione del rimborso le ipotesi di assoluzione da un capo di imputazione e la condanna per altri, l’estinzione del reato per amnistia e la sopravvenuta depenalizzazione del reato; dall’altro lato non appare comprensibile negare il rimborso delle spese legali all’imputato in caso proscioglimento per prescrizione. Specie a fronte del riconoscimento del ristoro in caso di assoluzione cd. ″piena″.

Tale scelta deriva probabilmente dalla profonda avversione, mai del tutto celata dalla nostra cultura giuridica, verso i proscioglimenti per prescrizione, che estromettono l’imputato dal processo con esito diverso da una pronuncia di condanna, mancata solo a causa del decorso del tempo.

Ne scaturisce, pertanto, un evidente vulnus alla presunzione di non colpevolezza sancita dall’art. 27, comma 2, Cost.

Aldilà di queste osservazioni, la scelta normativa di fondo rappresenta un passo in avanti rispetto al passato.

Il processo penale rappresenta, infatti, per il cittadino non solo un patimento sotto il profilo morale e sociale, ma è spesso foriero di gravi conseguenze economiche. Finalmente l’ordinamento stabilisce che all’imputato assolto spetti un ristoro, seppure sotto il profilo di un parziale rimborso delle spese legali, da parte dello Stato che ne ha riconosciuto l’innocenza. È un importante segnale di coerenza con i principi costituzionali che tutelano il diritto di difesa e il giusto processo.

Tuttavia, i fondi stanziati a finanziamento del rimborso e il meccanismo previsto dalla legge per la liquidazione renderanno l’attuazione di tale misura poco più che simbolica. Difatti, non possono essere condivise né la scelta di prevedere un limite massimo di rimborso pari a € 10.500,00, né tantomeno la scelta di erogare il rimborso in tre rate annuali.

Se da un lato appare necessario rinforzare l’operatività delle norme volte a garantire un rimborso economico ai cittadini per le conseguenze pregiudizievoli derivanti dal processo penale, dall’altro lato si auspica che tali misure si accompagnino ad interventi sistematici.

In particolare, è innanzitutto necessario recuperare i principi di civiltà del diritto penale liberale e reintrodurre una disciplina seria della prescrizione. Inoltre, vanno rilanciati i riti alternativi e va respinto qualsiasi tentativo, perpetrato anche recentemente durante l’emergenza da Covid-19, di depotenziare e burocratizzare i sistemi di impugnazione.

dott. Nicola Caruso